Sarebbe potuto essere uno scavo edilizio come tanti altri, quello intrapreso in quell’inizio agosto del 1963.
Di certo nessuno si aspettava quello che poi sarebbe accaduto.
LA SCOPERTA DEL GERMANICO DI AMELIA
Siamo ad Amelia, in via delle Rimembranze, a poca distanza dalle maestose mura poligonali e da Porta Romana, e il 3 agosto di oltre cinquant’anni fa venne fatta una delle scoperte archeologiche più importanti dell’Umbria: sotto i mezzi degli operai vennero alla luce, oltre che a tutta una serie di reperti archeologici, alcuni frammenti bronzei, parti separate tra loro ma destinate a comporre un unicum col ritrovamento di una testa di simile materiale bronzeo: si trattava di Giulio Cesare Germanico – al secolo Nerone Claudio Druso, nipote di Tiberio, destinato a sua volta al trono.
GLI ONORI A GERMANICO E IL LUOGO DEL RINVENIMENTO
Dalle attestazioni epigrafiche (si pensi alla Tabula Siarensis oggi al Museo di Siviglia, alla Tabula Hebana al Museo di Grosseto e alla Tabula Tifernas Tiberina oggi al Museo Archeologico Nazionale dell’Umbria di Perugia – che narrano delle disposizioni del Senato a proposito degli onori funebri dedicati a Germanico) e dallo stesso Tacito (nel capitolo 83 del II libro degli Annales) si evince che – dopo morte del generale gli onori a lui dedicati furono enormi tra cui, in primis, tre archi: uno Roma nel Circo Flaminio, uno sul monte Amano in Siria, e uno sulla riva del Reno.
Oltre agli archi, l’esempio di Germanico doveva restare forte a figura delle generazioni future di giovani romani – per questo si pensa che statue come quella di Amelia vennero realizzate in tutto l’impero e poste, con ogni probabilità nel campus: il luogo adibito a funzioni ludiche e ginniche e punti di ritrovo dei giovani amerini.
LA STATUA DEL GERMANICO DI AMELIA: UN CAPOLAVORO IN BRONZO
Lo splendido capolavoro del Germanico di Amelia, oggi al Museo Archeologico della cittadina Umbra, è una statua realizzata attorno al I sec. d.C. con la tecnica “a cera persa” e poggiava su una base di calcare esagonale – oggi smembrata e posta nei giardinetti fuori le mura – alla quale era attaccato parte del piede destro.
Ricordatevi delle precedenti battaglie e mostratevi uomini valorosi, degni di voi e della vostra patria
Ad Locutio di Publio Cornelio Scipione l’Africano (Polibio, Storie, XI, 10, 2-7)
Il generale, come il Divo nonno nel celebre marmo di Primaporta, è vestito come un generale trionfante nella classica posizione dell’adlocutio – il gesto che precedeva il discorso solenne che veniva pronunciato dal console, in epoca repubblicana, e dall’imperatore, o un generale, di fronte l’esercito schierato nel periodo dell’impero.
Sulla sinistra una lancia e al fianco, sorretto dal balteo un parazonium una spada da parata riccamente decorata simbolo di potere, ai piedi un altro simbolo: quei calcei patricii fatti di una pelle talmente sottile e morbida che fanno intravedere la forma perfetta del piede.
Sopra la tunica il capolavoro: un’elaborata lorica muscolata decorata sia sul fronte che sul retro. Di sicuro pregio simbolico è la parte anteriore dove è rappresentato l’omerico agguato di Achille a Troilo: il figlio di Priamo ed Ecuba viene disarcionato dall’eroe greco quasi fosse un fuscello. Tante le tesi, forse la più romantica è quella che vede Germanico – da Enea mitico discendente della stirpe troiana – legato nella tragica e prematura fine a Troilo, entrambi giovani, amati e belli, morti in una circostanza drammatica.